L'oro del Mediterraneo: l'olio d'oliva nel Novecento.
La storia dell'ulivo e dell'olio durante quasi tutto il Novecento fu profondamente legata alla storia climatica del nostro Paese. Gli inverni furono quasi sempre caratterizzati da numerose e intense gelate che influenzarono le colture e, conseguentemente, la loro crescita e diffusione. A inizio secolo i sistemi produttivi utilizzati erano ancora di matrice ottocentesca e riuscivano a smaltire con grande difficoltà le ingenti quantità di olio lampante che prima venivano utilizzate più cospicuamente per l'industria e l'illuminazione privata e pubblica. Successivamente si perfezionarono tecniche di raffinazione dell'olio che consentirono durante il 1929, anno in cui si registrò la prima forte gelata, di consumare altri oli succedanei all'olio d'oliva, molto inferiori qualitativamente ma anche economicamente del pregiato prodotto che non era di certo disponibile a gran parte della popolazione per motivi economico-climatici.
Queste modificazioni dei consumi non sono da sottovalutare, i surrogati dell'olio d'oliva impiegati da gran parte della popolazione erano economicamente molto competitivi e questo era un pericolo per l'economia olearia nazionale. Tutto ciò portò le istituzioni a promulgare l'anno successivo regole e tasse in difesa dell'olio d'oliva, anche se questo tentativo di protezione non fu, per dirla tutta, particolarmente rigido perché l'olio di semi oltre ad essere diventato un prodotto molto consumato dalle fasce meno abbienti del Nord e del Sud d'Italia, era una fetta di mercato non poco redditizia.
Le furie dei produttori di olio furono fomentate da Gerolamo Gasolini che inizialmente fu il gestore della più grande raffineria di olio di sansa e di oliva, ma che poi volle lanciare delle raffinerie al Nord che avessero come prodotto base l'olio di semi. Così per sostenere questa impresa elaborò un documento il cui tema portante era la "Questione dell'olio", volto a dimostrare che le produzioni di olio d'oliva del territorio erano insufficienti a coprire l'intero fabbisogno italiano e quindi l'olio di semi era indispensabile per sopperire a queste carenze. Il documento venne addirittura inviato a Mussolini che lo sottopose nel 1929 al ministro dell'Agricoltura. Bisogna affermare che qualche misura nei confronti della questione venne presa, ma quello che più mancava era un sistema normativo che disciplinasse la produzione.
La qualità migliorò scarsamente non per merito di un nuovo sistema normativo di tutela ma, poiché la produzione si ridusse considerevolmente a causa dei fattori climatici, le tecniche colturali e di raccolta risultavano più efficienti. Tutto ciò determinò un mercato alterno fino alla fine degli anni Cinquanta (1957 per l'esattezza).
Successivamente il cambiamento del paesaggio agrario italiano, soprattutto dopo il boom economico, ebbe conseguenze inevitabili anche sull'olivicoltura. La crisi del sistema mezzadrile fece si che le piccole produzioni frammentate e destinate al sostentamento della famiglia e poi al consumo esterno andassero in crisi. Contemporaneamente a ciò, nel 1966 l'Europa regolamentò molto il settore, sia sotto il punto di vista della produzione dell'olio sia attraverso incentivi sulla sua commercializzazione (in lattina) e, non da ultimo, aiuti ai produttori locali.
Negli anni successivi non si assistette tuttavia ad un miglioramento del settore. Fu il 1985 l'anno dell'ultima grande gelata che sterminò molti uliveti, a tutto ciò si aggiunse anche la mancanza di fondi e della voglia di ripartire. In ambito commerciale poi, l'Italia non deteneva più lo scettro da tempo, ma altri Paesi emergenti invasero la scena, più precisamente Spagna e Portogallo e successivamente Grecia.
Negli ultimi decenni sebbene il primato della produttività ci sia stato tolto, sono stati fatti passi enormi dal punto di vista qualitativo con una maggiore attenzione al prodotto e quindi all'offerta. Nonostante i numerosi problemi attualmente esistenti il nostro Paese punta più sulla qualità e la tipicità, due aspetti che sicuramente lo caratterizzano. Sarà la strada per una futura fioritura dell'olivicoltura?! Me lo auguro vivamente.
(Sa mola de su notariu, Museo della tradizione olearia in Sardegna, Dolianova, Ca) |
Queste modificazioni dei consumi non sono da sottovalutare, i surrogati dell'olio d'oliva impiegati da gran parte della popolazione erano economicamente molto competitivi e questo era un pericolo per l'economia olearia nazionale. Tutto ciò portò le istituzioni a promulgare l'anno successivo regole e tasse in difesa dell'olio d'oliva, anche se questo tentativo di protezione non fu, per dirla tutta, particolarmente rigido perché l'olio di semi oltre ad essere diventato un prodotto molto consumato dalle fasce meno abbienti del Nord e del Sud d'Italia, era una fetta di mercato non poco redditizia.
Le furie dei produttori di olio furono fomentate da Gerolamo Gasolini che inizialmente fu il gestore della più grande raffineria di olio di sansa e di oliva, ma che poi volle lanciare delle raffinerie al Nord che avessero come prodotto base l'olio di semi. Così per sostenere questa impresa elaborò un documento il cui tema portante era la "Questione dell'olio", volto a dimostrare che le produzioni di olio d'oliva del territorio erano insufficienti a coprire l'intero fabbisogno italiano e quindi l'olio di semi era indispensabile per sopperire a queste carenze. Il documento venne addirittura inviato a Mussolini che lo sottopose nel 1929 al ministro dell'Agricoltura. Bisogna affermare che qualche misura nei confronti della questione venne presa, ma quello che più mancava era un sistema normativo che disciplinasse la produzione.
(Museo dell'Olio d'Oliva, Cisano, Bardolino, Vr) |
La qualità migliorò scarsamente non per merito di un nuovo sistema normativo di tutela ma, poiché la produzione si ridusse considerevolmente a causa dei fattori climatici, le tecniche colturali e di raccolta risultavano più efficienti. Tutto ciò determinò un mercato alterno fino alla fine degli anni Cinquanta (1957 per l'esattezza).
Successivamente il cambiamento del paesaggio agrario italiano, soprattutto dopo il boom economico, ebbe conseguenze inevitabili anche sull'olivicoltura. La crisi del sistema mezzadrile fece si che le piccole produzioni frammentate e destinate al sostentamento della famiglia e poi al consumo esterno andassero in crisi. Contemporaneamente a ciò, nel 1966 l'Europa regolamentò molto il settore, sia sotto il punto di vista della produzione dell'olio sia attraverso incentivi sulla sua commercializzazione (in lattina) e, non da ultimo, aiuti ai produttori locali.
(Museo dell'Olio, Torgiano, Perugia) |
Negli anni successivi non si assistette tuttavia ad un miglioramento del settore. Fu il 1985 l'anno dell'ultima grande gelata che sterminò molti uliveti, a tutto ciò si aggiunse anche la mancanza di fondi e della voglia di ripartire. In ambito commerciale poi, l'Italia non deteneva più lo scettro da tempo, ma altri Paesi emergenti invasero la scena, più precisamente Spagna e Portogallo e successivamente Grecia.
Negli ultimi decenni sebbene il primato della produttività ci sia stato tolto, sono stati fatti passi enormi dal punto di vista qualitativo con una maggiore attenzione al prodotto e quindi all'offerta. Nonostante i numerosi problemi attualmente esistenti il nostro Paese punta più sulla qualità e la tipicità, due aspetti che sicuramente lo caratterizzano. Sarà la strada per una futura fioritura dell'olivicoltura?! Me lo auguro vivamente.
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