Le tradizioni gastronomiche pasquali italiane.

Le feste sono sempre legate a prodotti, ambiente e territorio. Sono questi infatti gli elementi che hanno da sempre influenzato le scelte alimentari e, indirettamente, anche quelle legate alle festività. A fianco a questi fattori ve ne sono altri legati all'aspetto sociale e quindi alle disponibilità economiche: i ceti elevati si potevano permettere alimenti costosi, quelli più bassi si dovevano accontentare delle materie prime più economiche. E' vero anche tuttavia che per occasioni speciali anche i ceti bassi si concedevano (in piccole quantità) gli alimenti costosi che durante l'anno rimanevano fuori dalle loro dispense.

(mosaico, Agnello Mistico)
 E' chiaro che quando si parla di ambiente e territorio le classi meno agiate erano le più sfavorite perché quelle elevate erano meno vincolate in questo rapporto. In linea di massima, comunque, le stagioni e quindi la reperibilità dei prodotti fu uno dei fattori fondamentali di discriminazione.
Oltre a ciò, nel processo di elaborazione delle preparazioni gastronomiche l'influenza di altre popolazioni e culture è un fattore che non va assolutamente sottovalutato: proviamo a pensare per esempio alla tradizione del marzapane in Sicilia di chiara influenza araba, o alle influenze europee nelle regioni del Nord.
A fianco a questi fattori ne troviamo altri direttamente coinvolti nell'elaborazione delle preparazioni: forma, colori, tipi di cottura e ingredienti specifici. Conosciamo tutti gli agnelli di marzapane o altre specialità che richiamano la Pasqua, o i dolci fritti tipici di molte regioni o  l'uso di ingredienti che sono un chiaro riferimento alla passione e risurrezione di Cristo (le mandorle e la frutta secca in generale, le uova, il miele e molti altri). Spesso poi queste caratteristiche si uniscono tra di loro, le corone pasquali di pasta di pane che racchiudono le uova ne sono un valido esempio.
Da Nord a Sud insomma l'uomo si è ingegnato nel corso del tempo a utilizzare prodotti e tecniche per celebrare le festività religiose e quindi anche quelle pasquali.

(Guercino, incontro tra Maria e Suo
figlio risorto)
Le preparazioni gastronomiche sono veramente tante e vanno da Nord a Sud, ne cito solo alcune: in Valle d'Aosta troviamo la crescia, pizza al formaggio accompagnata da salame; in Piemonte i persi al furn, cioè pesche cotte al forno e ripiene di amaretti; in Lombardia il salame di filzetta, salame a pasta morbida. Scendendo in Liguria troviamo la torta pasqualina, pasta sfoglia ripiena di bietole, ricotta e uova sode; la tradizione vorrebbe che fosse composta da un numero di fogli di pasta pari agli anni di Gesù, anche se attualmente questa tradizione non viene rispettata. In Emilia Romagna oltre ai cappelletti in brodo è presente la pagnotta pasquale di Sarsina o la focaccia di Bagno di Romagna, quest'ultima è una preparazione dolce la cui caratteristica è l'assenza di lievito.
In Toscana oltre alla minestra con il brodo di gallina troviamo le uova sode benedette e la schiacciata di Pasqua. Spostandoci a Sud, anche in Puglia troviamo l'uovo sodo, utilizzato per le scarcelle, dolci tipici della regione. In Calabria le pitte con niepita, dolci a forma di mezzaluna a base di marmellata, cacao e noci tritate e le famose cuzzupe, dolci dalle forme più svariate in cui si inseriscono una o più uova sode. In Sicilia le famosissime cassate a cui non servono spiegazioni, ma anche i famosi agnelli pasquali di Favara. In Sardegna sono presenti due versioni simili di un dolcetto dall'aroma di  zafferano (di cui tra l'altro avevo già parlato in un post): casadinas, che contengono anche pecorino, pardulas che contengono ricotta.
Questi esempi, pochi in confronto alla grande varietà di tutte le proposte italiane, diverse in varianti e declinazioni non solo da provincia a provincia, ma anche da paese a paese, ci fanno capire come gli aspetti analizzati sopra siano stati di fondamentale importanza per la loro elaborazione.
Anche queste tipicità vanno preservate perché sono testimonianza viva del passato, della straordinaria varietà della nostra cucina ma ancor più, nostro patrimonio culturale. Lasciatemelo dire: credo che lo ripeterò all'infinito.

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