Il caviale tra storia, cultura e curiosità.

E' già emerso in molti articoli precedenti come  prodotti, attrezzature e modi di "fare cucina" siano profondamente legati all'uomo e alla sua esigenza prima di adattarsi all' ambiente in cui vive attraverso le risorse disponibili. Il caviale e il suo utilizzo rientrano a pieno in questo discorso, permettendoci così di andare oltre gli stereotipi culturali che lo erigono a simbolo di ricchezza e sfarzo.
Il suo nome deriva da khaviar o caviar, parola turca che nel linguaggio locale degli abitanti della sponda iraniana del Mar Caspio si riferisce alle uova di tre specie di storioni che vivono in questo mare: beluga, asetra, sevruga. Se volessimo indagare su quando compare per la prima volta (o tra le prime volte) questa parola, dovremmo consultare gli scritti di Batu Kahn, nipote di Gengis Kahn, ovvero 1240 circa. Nello stesso periodo Edoardo II, re d'Inghilterra, definì lo storione un "pesce reale" ma, non fermandosi a ciò, emanò un decreto secondo cui ogni esemplare che veniva catturato nelle acque inglesi doveva essere venduto alla casa reale, usanza già presente in altri paesi con altre monarchie.
Da ciò possiamo dedurre abbastanza facilmente come non solo il caviale in se ma anche lo storione fossero considerati alimenti per nobili e teste coronate, dei veri e propri status symbol.

(caviale del Gruppo Agro ittica Lombarda, Calvisano,
provincia di Brescia)
A tal proposito voglio aprire una piccola parentesi per chiarire cosa siano gli status symbol: essi sono prodotti, attrezzi o materie prime che identificano un livello sociale elevato;  possono durare nel tempo oppure declinare per fattori socio-culturali ed economici che li rendono accessibili ad ampi strati della popolazione. Per il secondo caso mi vengono in mente le spezie che, con la scoperta del Nuovo Mondo e l'apertura di nuove rotte commerciali subirono un calo nei prezzi. Per quanto riguarda il primo caso il nostro protagonista ne è un valido esempio: esso si diffuse come prodotto destinato a ceti elevati (come è stato visto brevemente in precedenza), e rimane ancora oggi un prodotto di lusso, simbolo di ricchezza e prestigio e quindi molto imitato. Come ho accennato all'inizio non era così, esso era uno dei tanti modi per gli uomini di sfamarsi, cibo per eccellenza delle tribù di pescatori; alcuni testi infatti documentano il suo consumo a partire almeno dal 2400 a.C. in diversi Paesi del Mediterraneo. Egizi e Fenici delle regioni costiere avevano imparato a salarlo per servirsene durante i periodi di carestia, guerre o viaggi in mare. Quello che è stato appena affermato è supportato da alcuni bassorilievi della necropoli nei pressi della piramide di Saqquara che mostrano alcuni pescatori che catturano pesci e ne asportano le uova.
La sua presenza nella storia, anzi, preistoria è attestata da fossili che documentano la vita degli storioni nel mar Caspio quando esso durante il periodo Terziario divenne un lago.
Lo storione era ben apprezzato anche presso gli antichi Romani; nelle Metamorfosi Ovidio lo definisce "pellegrino delle più illustri onde".
Andando in la nei secoli, è convinzione di alcuni studiosi (non tutti) che in ambito culturale e letterario fu lo scrittore Francois Rabelais (Chinon 4 febbraio 1494 - Parigi  aprile 1553) a citarlo per primo nella sua opera Gargantua e Pantagruel.
Esso fu molto presente sulle mense dei nobili del XVI secolo, come emerge dai documenti del banchetto del 24 gennaio 1529 offerto da Isabella d'Este, marchesa di Mantova, per il matrimonio del nipote con la figlia del re di Francia Luigi XII.
Successivamente in Francia il suo consumo cadde inesorabilmente in disuso e rimase per molto tempo poco conosciuto anche a causa del suo alto prezzo. Artefici del suo ritorno furono Melkom e Petrossian, nobili russi sfuggiti alla ferocia dei rivoluzionari sovietici. Tuttavia la modificazione dei gusti determinò uno scarso consenso nei confronti di questo prodotto: le cronache del tempo riferiscono che all'Esposizione Gastronomica del Grand Palais, dove si fece degustare gratis il caviale per farlo conoscere, gli organizzatori si videro costretti a fare installare delle sputacchiere.
Crebbe invece il suo consumo tra gli artisti tanto che, molti anni dopo, si dice che Picasso ne fosse tanto ghiotto da vendere le sue opere per averne sempre una scorta.
In America i pescatori emigrati dalla Russia cominciarono a produrlo dallo storione americano a partire dalla seconda metà dell' Ottocento; esso veniva anche messo a disposizione nei saloon in quanto il suo gusto salato incrementava il consumo delle bevande alcoliche.
Dal 1990 la storionicoltura si sta sviluppando in tutto il Mondo e l'Italia, grazie ad una consolidata e conosciuta realtà presente sul territorio bresciano, è uno dei maggiori produttori.
Il suo uso in cucina e nelle cucine sarà oggetto di una successiva e più approfondita analisi.

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