Avventura culturale nelle taverne.
Titolo insolito per questo nuovo post e, devo dire, anche un po' provocatorio. Oggi per la sezione dedicata al grande mondo del vino ho deciso di fare un viaggio in vostra compagnia per taverne nel corso della storia.
Nell'immaginario collettivo questi posti da sempre sono covo di malfattori, donne poco raccomandabili e persone dal rapporto difficile con il vino. Se facessimo però molti passi indietro ci accorgeremmo che esse hanno un'origine molto antica, risalente al periodo romano. Nacquero inizialmente come depositi ed erano, in genere, le botteghe degli artigiani aperte verso la strada. Da qui si passò poi alle tabernae vinarie e a quelle che si specializzarono nell'offerta di vino accompagnato da un frugale pasto; caratteristiche di questi posti erano essenzialità e semplicità nei mobili e negli arredi (dovute anche al fatto che erano ambienti piccoli.
La cattiva reputazione che accompagna questi luoghi permane dall'origine fino al secolo scorso quando poi andarono lentamente ad estinguersi.
E' soprattutto durante il Medioevo che la loro reputazione diminuisce notevolmente: da posti in cui si poteva gustare vino accompagnato da cibi e riposarsi dal viaggio a luoghi in cui le risse e gli omicidi erano all'ordine del giorno.
Seguendo inoltre la logica tipicamente medievale secondo cui molti alimenti identificavano determinate classi sociali, il vino era fortemente connotativo: vi era infatti quello per il re e i nobili, per le funzioni religiose e, da ultimo (per qualità) quello destinato alle taverne, fortemente annacquato e conservato in pessime condizioni.
Vi era poi una distinzione tra diverse tipologie di taverne in funzione al territorio, alla presenza di siti di pellegrinaggio o per il fatto che fossero di campagna o di città. Tutto ciò è ben documentato in letteratura nei "Racconti di Canterbury" ma anche nel Decamerone e, non da ultimo, nei documenti di pellegrinaggio che venivano rilasciati ai pellegrini; a tal proposito molte taverne avevano anche questa prerogativa.
La funzione di rifugio, aggiuntiva rispetto a quella di fornire vino e bevande alcoliche, divenne nel tempo di fondamentale importanza in particolari territori, ne sono un esempio lampante le Alpi. Qui, la storia di taverne, ospizi e locande è la stessa del territorio.
E' proprio di matrice alpina una delle più antiche locande: la locanda Zur Schmitten, testimonianza viva della storia dell'Orsola. Il suo nome compare per la prima volta in una lettera del 1486 conservata all'archivio Sforzesco.
Nel 1612 dalla locanda si diffuse il drammatico contagio della peste che in poco tempo raggiunse tutta la valle. Il fatto è di fondamentale importanza perché questi luoghi furono tra i maggiori propulsori della diffusione massiccia del morbo e veicoli pericolosi di contagio per gli strati bssi della società.
Durante il Settecento e nei secoli successivi le taverne divennero posti dove i "muratori" si riunivano e tra un bicchiere di vino e l'altro (o anche liquori) discutevano di filosofia ed esoterismo, politica e temi riguardanti l'uguaglianza dei diritti degli individui.
Tutto ciò ebbe enorme importanza per la nascita di forme di resistenza (di tipo politico) alle dominazioni straniere, soprattutto in Italia.
Non da meno, la nascita e sviluppo di queste ultime peculiarità fu resa possibile dall'influsso dei salotti letterari aristocratici.
La condanna da parte della società è già stata menzionata in precedenza ma non quella più dura e pesante della Chiesa che li considerava fonte di perdizione per i cittadini e, ancor più, per i religiosi. Vi erano infatti duri provvedimenti per quei ministri che durante le soste nei loro viaggi cedevano alle tentazioni del mangiare, bere e gozzovigliare.
Nel Novecento le taverne assumono da un lato spiccati caratteri politici ( qui infatti si organizzavano segretamente azioni di resistenza a livello locale durante i tempi di guerra) ma anche come unici punti di ritrovo per la vita sociale dei piccoli paesi dove anziani e giovani andavano a giocare a carte e bere, spesso un po' troppo.
Anche nell'arte questi luoghi assumono connotazioni negative, ne abbiamo un esempio qua sotto, nel quadro di Marten van Cleve, Scena di cucina, 1565, Verona, Castelvecchio.
Nel quadro la taverna è rappresentata sullo sfondo, mentre in primo piano troneggia la scena di cucina con tutte le provviste in mostra, alludendo così al senso del gusto. Simbolicamente l'atto di cucinare rappresenta l'intrigo della mente corrotta e peccatrice, l'rodine della diabolica mezzana.
Luoghi quindi dove il vino scorreva a fiumi, a volte buoni e altre imbevibili, ma anche punti di discussione, scambio, divertimento e impegno politico. Tutti in fondo ricordiamo di una piccola taverna di paese e, se così non fosse, andando a rivedere i film "Don Camillo e Peppone" tratti dai racconti formidabili di Guareschi, nella taverna di Brescello, presente in molte scene, un pezzo indelebile dell'infanzia di molti.
Nell'immaginario collettivo questi posti da sempre sono covo di malfattori, donne poco raccomandabili e persone dal rapporto difficile con il vino. Se facessimo però molti passi indietro ci accorgeremmo che esse hanno un'origine molto antica, risalente al periodo romano. Nacquero inizialmente come depositi ed erano, in genere, le botteghe degli artigiani aperte verso la strada. Da qui si passò poi alle tabernae vinarie e a quelle che si specializzarono nell'offerta di vino accompagnato da un frugale pasto; caratteristiche di questi posti erano essenzialità e semplicità nei mobili e negli arredi (dovute anche al fatto che erano ambienti piccoli.
La cattiva reputazione che accompagna questi luoghi permane dall'origine fino al secolo scorso quando poi andarono lentamente ad estinguersi.
E' soprattutto durante il Medioevo che la loro reputazione diminuisce notevolmente: da posti in cui si poteva gustare vino accompagnato da cibi e riposarsi dal viaggio a luoghi in cui le risse e gli omicidi erano all'ordine del giorno.
(taverna del XV secolo) |
Seguendo inoltre la logica tipicamente medievale secondo cui molti alimenti identificavano determinate classi sociali, il vino era fortemente connotativo: vi era infatti quello per il re e i nobili, per le funzioni religiose e, da ultimo (per qualità) quello destinato alle taverne, fortemente annacquato e conservato in pessime condizioni.
Vi era poi una distinzione tra diverse tipologie di taverne in funzione al territorio, alla presenza di siti di pellegrinaggio o per il fatto che fossero di campagna o di città. Tutto ciò è ben documentato in letteratura nei "Racconti di Canterbury" ma anche nel Decamerone e, non da ultimo, nei documenti di pellegrinaggio che venivano rilasciati ai pellegrini; a tal proposito molte taverne avevano anche questa prerogativa.
La funzione di rifugio, aggiuntiva rispetto a quella di fornire vino e bevande alcoliche, divenne nel tempo di fondamentale importanza in particolari territori, ne sono un esempio lampante le Alpi. Qui, la storia di taverne, ospizi e locande è la stessa del territorio.
E' proprio di matrice alpina una delle più antiche locande: la locanda Zur Schmitten, testimonianza viva della storia dell'Orsola. Il suo nome compare per la prima volta in una lettera del 1486 conservata all'archivio Sforzesco.
Nel 1612 dalla locanda si diffuse il drammatico contagio della peste che in poco tempo raggiunse tutta la valle. Il fatto è di fondamentale importanza perché questi luoghi furono tra i maggiori propulsori della diffusione massiccia del morbo e veicoli pericolosi di contagio per gli strati bssi della società.
Durante il Settecento e nei secoli successivi le taverne divennero posti dove i "muratori" si riunivano e tra un bicchiere di vino e l'altro (o anche liquori) discutevano di filosofia ed esoterismo, politica e temi riguardanti l'uguaglianza dei diritti degli individui.
Tutto ciò ebbe enorme importanza per la nascita di forme di resistenza (di tipo politico) alle dominazioni straniere, soprattutto in Italia.
Non da meno, la nascita e sviluppo di queste ultime peculiarità fu resa possibile dall'influsso dei salotti letterari aristocratici.
La condanna da parte della società è già stata menzionata in precedenza ma non quella più dura e pesante della Chiesa che li considerava fonte di perdizione per i cittadini e, ancor più, per i religiosi. Vi erano infatti duri provvedimenti per quei ministri che durante le soste nei loro viaggi cedevano alle tentazioni del mangiare, bere e gozzovigliare.
Nel Novecento le taverne assumono da un lato spiccati caratteri politici ( qui infatti si organizzavano segretamente azioni di resistenza a livello locale durante i tempi di guerra) ma anche come unici punti di ritrovo per la vita sociale dei piccoli paesi dove anziani e giovani andavano a giocare a carte e bere, spesso un po' troppo.
Anche nell'arte questi luoghi assumono connotazioni negative, ne abbiamo un esempio qua sotto, nel quadro di Marten van Cleve, Scena di cucina, 1565, Verona, Castelvecchio.
Nel quadro la taverna è rappresentata sullo sfondo, mentre in primo piano troneggia la scena di cucina con tutte le provviste in mostra, alludendo così al senso del gusto. Simbolicamente l'atto di cucinare rappresenta l'intrigo della mente corrotta e peccatrice, l'rodine della diabolica mezzana.
Luoghi quindi dove il vino scorreva a fiumi, a volte buoni e altre imbevibili, ma anche punti di discussione, scambio, divertimento e impegno politico. Tutti in fondo ricordiamo di una piccola taverna di paese e, se così non fosse, andando a rivedere i film "Don Camillo e Peppone" tratti dai racconti formidabili di Guareschi, nella taverna di Brescello, presente in molte scene, un pezzo indelebile dell'infanzia di molti.
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RispondiEliminaForse dovrei impegnarmi di più e leggere più spesso i tuoi meravigliosi articoli che ci raccontano la storia del cibo, dei luoghi, dei posti. E' proprio nelle taverne che si mangia in modo eccellente, casereccio e proprio come se si stesse in famiglia, o almeno questa è la mia impressione ! Ti lascio un link e se ti fa piacere clicca, c'è una piccola sorpresa per te.
RispondiEliminahttp://comemangioio.blogspot.it/2014/06/liebster-award.html
Ciao.....Enza di Come Mangio Io
grazie mille Enza, hai proprio ragione!
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