Strumenti che operano trasformazioni: parte I (dagli albori al Settecento).

"... Sugli spiazzi le caldaie fumano al fuoco, le grandi caldaie nere sulla bianca neve, le grandi caldaie dove si coagula il latte tra il siero verdastro rinforzato d'erbe selvatiche".

Così scrive Corrado Alvaro in "Gente in Aspromonte", descrivendo non solo uno spaccato di vita contadina profondamente rurale ma, indirettamente, anche gli strumenti che operano le trasformazioni alimentari indispensabili per consentire il sostentamento.
Per analizzare e comprendere meglio le dinamiche di formazione e caratterizzazione degli strumenti utilizzati in ambito culinario dobbiamo andare al rapporto millenario tra l'uomo e la natura. L'uomo primitivo, infatti, attraverso la scoperta del fuoco, modifica tale rapporto definendo così nuove costanti, termina il suo assoggettamento totale alle leggi della natura: il primo diventa capace di modificare e controllare, attraverso il fuoco, la seconda.
Questi due fondamentali aspetti si realizzano attraverso la cottura degli alimenti. Fatto casuale questo o, più probabilmente, frutto dell'ingegno e di infinite prove, consentirà al seme della cucina (intesa come cottura degli alimenti e non solo come mera trasformazione delle derrate alimentari) di crescere e germogliare arrivando così ai nostri giorni. La scoperta e ancor più l'utilizzazione del fuoco muta (come è già stato affermato) il rapporto uomo-ambiente ed è uno dei fattori fondamentali che permetteranno all'uomo di diventare stanziale.
Questa straordinaria scoperta fece nascere però nuove esigenze strumentali che si concretizzarono nella realizzazione di utensili che da un lato ebbero la funzione di intermezzo tra il fuoco e l'alimento (le pentole per intenderci) e dall'altro consentirono all'uomo di "fare cucina" in modo sicuro ed efficace (i primi utensili da cucina).
Questa specializzazione operò attraverso due aspetti fondamentali: da un lato l'elaborazione e differenziazione di strumenti per la trasformazione degli alimenti dall'altro la realizzazione dei primi, pochi, rudimentali manufatti utili a conumare il cibo; quest' ultimo aspetto avvenne in modo eclatante con lo sviluppo delle maggiori civiltà.
In tutte queste dinamiche risulta chiaro come siano state di fondamentale importanza le sperimentazioni per la loro esecuzione. Inoltre la ricerca dei materiali e ancor più la loro trasformazione sono un'ulteriore passaggio culturale.
Le pentole assumono quindi un ruolo importante nel determinare e consentire la trasformazione del cibo. In tal senso si potrebbe quasi affermare che, poichè il fuoco è frutto di cultura esse sono "mediatrici culturali" ovvero strumenti attraverso cui il "fare cultura" si diversifica e specializza. E' chiaro come il materiale di fabbricazione abbia un'importanza enorme: le prime pentole e ciotole furono in terracotta o pietra ollare. In tal senso l'ambiente assume un ruolo importante poichè attraverso il riconoscimento dei materiali che venivano utilizzati è possibile identificare il contesto ambientale di appartenenza (ad esempio montano per la pietra ollare).


(il cuoco e la cucina, xilografia dal Kuchenmaistrey,
Germania, 1485)

Il primo metallo ad essere utilizzato per la fabbricazione di pentole e utensili da cucina fu il bronzo.
Successivamente le civiltà del mondo antico si ingegnarono nell'elaborazione di strumenti da cucina, la diversificazione di questi ultimi avenne sopratutto nell'antica Roma.
Durante quest'epoca la batteria di pentole era molto varia e in larga parte simile a quella odierna. Il pentolame era realizzato in metallo anche perchè era più resistente, durevole e pratico.
Lo svantaggio principale risiedeva nel fatto che era molto costoso; nei ritrovamenti degli scavi emersero pentole che recavano antichi rappezzi, proprio per poterle utilizzare ancora. Molto spesso il possesso di pentole di questo materiale era sinonimo di disponibilità economiche e quindi ricchezza, chi non se lo poteva permettere utilizzava principalmente utensili in terracotta.
Alcune tipologie di pentole utilizzate erano le seguenti:
  •  olla a due anse: utilizzata per cuocere carni come la porchetta
  • olla senza anse: per zuppe e bolliti. Era anche detta pultarius perchè serviva per preparare la puls, farinata di farro cotta in acqua salata con fave, lenticchie, cavolo e cipolle
  • tegame a vernice rossa interna senza manico: serviva per cuocere il pane in forno.
  • tegame con manico cavo: utilizzato per produrre salse e fritti, era provvisto di un lungo manico di legno che veniva innestato nella presa cava di terracotta.
  • casseruola: (o caccabus) era la tipologia più diffusa e usata, in genere serviva per cuocere a fuoco lento.
  • olla a fondo forato: per cuocere a vapore carne e verdura, veniva collocata in un'altra pentola dove bolliva dell'acqua.
La cultura romana non fu però l'unica civiltà italica ad aver sviluppato saperi nell'utensileria alimentare, nei rilievi etruschi di Caere sono visibili spiedi, pentole, mortai, coltelli e mestoli, oltre ad esser presenti negli affreschi tombali.
      

(cucina e tavola nel tardo Medioevo, part. affresco.)


Nella cucina medievale il fuoco era sempre acceso e in prossimità di esso vi era sempre un paiolo per bollire carni o per preparare zuppe e minestre. Gli spiedi che erano conosciuti già da molti secoli vennero in questo periodo perfezionati per l'uso nelle grandi cucine delle ville e castelli. Sempre in questo periodo nelle cucine erano presenti pentole principalmente in rame e utensili in legno, inoltre i coltelli erano forgiati in molte forme per la raffinatezza raggiunta dalla tecnica di lavorazione del ferro.
Gli inventari delle case nobiliari dimostrano come la cucina di alto livello avesse dato un forte impulso alla creazione e costruzione di nuovi utensili. Questi ultimi dovevano essere molto funzionali se pensiamo che molto spesso a causa delle guerre, venivano trasportati nelle cucine da campo che erano installate in prossimità dei siti di battaglia.

(raffigurazione cucina rinascimentale)

E' solo durante il Rinascimento che si ha il trionfo degli strumenti ad uso culinario.
Il libro che più di tutti documenta ciò è "Opera di Bartolomeo Scappi, maestro dell'arte del cucinare, divisa in sei libri" che apparve nel 1570.
Bartolomeo Scappi (1500-13 aprile 1577), cuoco italiano, nella sua opera oltre che trattare di alimenti parla della strutturazione che dovrebbe avere una cucina (di corte) e dei relativi utensili. Trattando di ciò, a molti verranno in mente le illustrazioni raffiguranti innumerevoli pentole, mestoli e utensili che vennero catalogati e classificati nell'opera (ne abbiamo alcuni esempi nelle immagini qua sotto).





Nell'esegesi medievale l'attività gastronomica e in generale tutte le azioni che si svolgevano in cucina rappresentavano l'atto di meditare nel proprio cuore il verbo divino, e mangiare significava assumerlo spiritualmente. Alla padella si attribuiva il senso della fatica, ma anche di mente peccatrice e malizia diabolica.
Filippo Picinelli (1604-1679) associa la pentola al crogiuolo ove la mezzana, donna ambigua, opulenta e arcigna che ha il compito di esaminare le giovani fanciulle in età da marito per verificare la loro docilità, fedeltà e conoscenza delle antiche tradizioni ma era anche e sopratutto mediatrice nei rapporti amorosi, preparava le sue pozioni.
Nell'arte gli utensili da cucina divennero elementi significativi nelle nature morte ma anche nei trattati di cucina (come è stato visto in precedenza) e sono oggi documento vivo degli usi e delle abitudini del tempo. Troviamo un esempio di quanto affermato nel quadro presente qua sotto, di Paolo Antonio Barbieri, la spezieria, 1637 ca., Spoleto, Pinacoteca Civica.     



Primeggia la scena il mortaio, strumento che veniva usato sia in cucina che in spezieria, la presenza dei barattoli di vetro, inoltre, dimostra come molti strumenti di cucina potessero essere condivisi con altri settori.
La situazione rimane pressochè immutata durante il Settecento, anche se bisogna fare una considerazione importante: ovviamente vi era una forte diversità tra la cucina e gli utensili da cucina nelle dimore dei nobili e quelli presenti nelle case povere.
In quest'ultime gli uni erano assai pochi e le pentole ancor meno, era presente generalmente un solo paiolo che serviva per la preparazione dell'immancabile minestra (o delle sue varianti), alimento tipico del popolo. L'arte in questo caso, diventa spesso veicolo di denuncia del lavoro faticoso delle serve nelle cucine dei nobili ma anche nelle povere cucine del popolo. Anche per questa tesi troviamo un riscontro nell'opera presente qua sotto: di Jean-Baptiste-Siméon Chardin, donna che sbuccia le rape, 1738, Monaco, Alte Pinakothek.


L'espressione stanca della donna suggerisce una lettura in chiave di denuncia del disagio della sguattera nello svolgere il lavoro di cucina. La presenza di una padella e di un calderone identificano l'ambiente in questione e si palesa l'interesse del pittore nel documentarlo, secondo lo spirito illuministico, tipico del XVIII secolo.
L'Ottocento rappresenta un punto di svolta per lo sviluppo e diffusione degli strumenti da cucina anche e sopratutto grazie agli effetti della rivoluzione industriale, ma questo sarà oggetto di un successivo viaggio.      

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