Il sole racchiuso in un frutto.

Dal 21 al 23 marzo 2014 si svolge in provincia di Enna la sesta edizione della sagra dell'arancia rossa di Centuripe.
Questo frutto, un concentrato di colore e succosità, che esprime al massimo tutte le caratteristiche del "nostro Sud" è frutto di lunghe vicissitudini culturali, storiche, folcloristiche ed anche religiose. L'inverno che ci stiamo lasciando alle spalle ci dona uno dei suoi ultimi frutti che annuncia però, grazie al suo intenso colore rosso, tutta la vitalità, il colore e le infinite varianti di profumo che la natura ci regalerà nei prossimi mesi.
Ho scritto "lunghe vicissitudini" non a caso, l'arancia infatti proviene dalla Cina dove il suo utilizzo risale a molto prima l'avvento di Cristo.
Le ultime ricerche hanno però dimostrato che, in realtà, è più probabile che la coltivazione di questo frutto fosse presente anche in altre zone: scavi effettuati all'inizio degli anni Venti hanno dimostrato la presenza di piccoli aranceti.
Come spesso accade per molti alimenti, piante e fiori, la sua presenza nel mondo antico è attestata dalla mitologia greca. Le arance erano infatti le favolose "mele d'oro" presenti nel giardino delle Esperidi, figlie della notte, ed erano custodite dal drago Ladone.
Il poeta greco antico Esiodo nella sua "Teogonia" (700 a.C. circa), poema religioso e mitologico in cui si narrano la storia e la genealogia degli dei greci, racconta che l'albero dai frutti d'oro era stato generato in occasione delle nozze tra Zeus ed Era, come dono particolare per i novelli sposi. Esso era quindi simbolo di fecondità e amore; sempre secondo la mitologia, una delle fatiche che Ercole dovette compiere fu proprio portare ai mortali questi frutti riservati agli dei.
Successivamente, diversi autori documentarono come le arance fossero già presenti sulle tavole degli antichi Romani nel II secolo d.C. , giunte da Israele con i primi cristiani.
Nello stesso periodo, in nord Africa, il loro successo fu così grande che molti proprietari terrieri decisero di istituire vere e proprie coltivazioni, praticando così canalizzazioni e modificazioni del territorio ancora ben visibili nell'area di Cartagine.
Sant' Agostino (Tagoste, 13 novembre 354-Ippona, 28 agosto 430) ne documenta l'ampio consumo del succo nelle sue terre.
A Roma, presso la chiesa di Santa Sabina all'Aventino è presente un albero di arancio dolce che, secondo la tradizione domenicana, sarebbe stato portato e piantato personalmente da San Domenico (1220 circa).
In Sicilia le coltivazioni furono fortemente incentivate, anche per scopo ornamentale, durante la dominazione araba (IX-XI secolo d.C.). Questo non è però l'unico caso in cui il nostro protagonista è conosciuto e coltivato, altre regioni d'Italia conoscevano questo frutto. In Puglia attorno all'anno Mille, Melo, principe di Bari, spedì questi frutti in Normandia per farne conoscere alle popolazioni nordiche le qualità organolettiche e medicinali.

(Vincent Van Gogh, natura morta con arance)

In breve tempo le arance furono conosciute e apprezzate in tutto il territorio italiano ma anche in ambito europeo non solo per le qualità sopra esposte ma grazie sopratutto alla loro buona conservabilità.
Durante il Rinascimento gli aranci e tutte le piante di agrumi assunsero un ruolo importantissimo nell'arredo dei giardini di ville e dimore aristoratiche in tutta Italia. Questa moda fu tanto consolidata che nei luoghi con clima sfavorevole si diffusero ben presto strutture mobili (che presero il nome di arancere) con la funzione di proteggere le piante dal freddo e dalle intemperie. In questo modo i frutti divennero veri e propri status symbol dell'aristocrazia, determinando e incentivando la nascita e diffusione di collezionisti di specie e varietà diverse.
In ambito prettamente culinario durante tutto il Medioevo ma anche il Rinascimento le arance venivano utilizzate per insaporire carni arrosto e nella preparazione dei dolci (sia in ambito italiano che europeo).
Il loro utilizzo non si limitava all'ambito alimentare o per il mero scopo decorativo, esse infatti venivano largamente utilizzate dagli speziali per preparare medicinali e profumi.
Bisogna però fare una considerazione importante: è altamente probabile che fino al XVI secolo furono coltivate solo arance bionde, bisognerà aspettare il XVII secolo perchè l'arancia rossa entri nell'elenco dei frutti conosciuti in Italia. A tal proposito, le prime notizie ci provengono dall'opera Hesperides (1646) del gesuita Ferrari in cui viene descritto per la prima volta un frutto dalla polpa pigmentata, portato in Italia da un missionario genovese di ritorno dalle isole Filippine.
In Italia e in Europa, per i motivi che ho spiegato sopra, rimase comunque una pianta per classi elevate tanto che fino alla fine del XIX secolo (e in molti casi anche molto tempo dopo ) i bambini dei ceti bassi aspettavano con ansia le festività natalizie perchè erano le uniche occasioni in cui potevano assaggiare questi frutti.           

(Cima da Conegliano, Madonna dell'arancio, 1496)

Oltre all'uso alimentare, ornamentale e per creare profumi, le arance venivano impiegate anche a scopo medicinale. Nel Settecento si scoprì che il succo degli agrumi era in grado di prevenire lo scorbuto, per questo motivo il succo d'arancia veniva somministrato ai marinai che dovevano compiere viaggi molto lunghi ed erano quindi impossibilitati a consumare vegetali freschi.
L'arancia nell'arte è presente perlopiù sotto due aspetti: da un lato le nature morte che ne testimoniano la presenza, dall'altro nei trattati botanici ed agronomici che documentano sopratutto le varie tipologie. Nell'arte sacra la nostra protagonista ha quasi sempre un significato positivo: i fiori indicano castità e purezza e vengono spesso associati alla Vergine (è il caso del quadro qua sopra), può alludere anche al peccato originale e nei dipinti fiamminghi può apparire nelle mani di Gesù al posto della mela.
Concludo questo nuovo viaggio con una nota folcloristica: il carnevale di Ivrea. Gli appena terminati festeggiamenti del carnevale e non da meno, la protagonista di questo viaggio, spostano la mia attenzione direi quasi inevitabilmente, verso il carnevale di questa città che è molto particolare se pensiamo alla pittorica battaglia delle arance. L'origine di questa battaglia è incerta e sembra risalire al XIX secolo; tuttavia questo carnevale di antica tradizione, venne istituzionalizzato nel 1808.

(Fernando Botero, uomo bere succo d'arancia, 1987,
pittura a olio.)

Al di là degli aspetti sociali e popolari la tradizione prese corpo per simboleggiare il colore passionale del sangue versato dalle storiche rivoluzioni del passato e dalle guerre che segnarono la città, in uno stile del tutto risorgimentale. Oggi questa tradizione non costituisce solo un forte legame con il passato ma, in particolar modo, un evento culturale e turistico notevole per il territorio in questione.
Ricordiamoci di questo viaggio il prossimo inverno, quando mangeremo i frutti del sole.   

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