La primavera in un piatto: ricordi, tradizioni e cultura gastronomica.

Per chi vive in campagna l'arrivo della primavera è maggiormente visibile: colori, profumi e rumori enfatizzano i cambiamenti che la natura compie in questo periodo. L'uomo ha da sempre salutato questo annuale risveglio con riti di propiziazione volti ad assicurarsi buoni raccolti e abbondanza di provviste. Quello che più affascina di tutto ciò è lo stretto legame esistente tra l'essere umano e il mondo naturale, quella natura capace di essere al tempo stesso madre e matrigna.
Nella concretezza di tutti i giorni ciò si traduce in gesti semplici che rendono equilibrato questo rapporto: nel mondo rurale fino a non molto tempo fa, l'uomo prendeva dalla natura solo ciò di cui aveva bisogno, senza eccedere e sempre con grande rispetto; l'atto del prendere non era fine a se stesso ma collegato, attraverso quasi un atto compensativo, al mantenimento del bene comune.
Tutto ciò si concretizza nei ricordi dell'infanzia, di quando con mia nonna andavo a raccogliere le erbe spontanee, che crescono ancora oggi in molte zone d'Italia . I pomeriggi primaverili erano quindi impiegati nella ricerca di numerose tipologie di erbe: i verzulì (silene), i loertis (luppolo comune), ma anche le cicorie e dei funghi profumatissimi che crescono a fine aprile: i prugnoli. Così, per i prati verdi disseminati di margherite e di tanti altri piccoli fiori campestri, le mani nodose di mia nonna segnate dai duri lavori agricoli setacciavano piccoli fazzoletti di terra, alla ricerca di erbe mangerecce che sarebbero poi state trasformate in cucina. E' veramente commovente ricordare i momenti trascorsi assieme, i suoi consigli su come scegliere, riconoscere e recidere ogni erba, io con la smània di raccogliere che si ha da piccoli e lei lenta e meticolosa nel scegliere, quasi volesse fare di tutto ciò un rito.
E' la cucina l'ambiente che fin da subito ha catturato la mia curiosità: vedere i miei nonni cucinare, trasformare, usare pentole che oggi probabilmente teniamo solo per bellezza, era un motivo di gioia. Seduto sulla panca li aiutavo (come potevo s'intende) nel recidere, pulire e dividere le parti delle erbe raccolte, separare le cicorie piccole adatte ad essere consumate anche fresche perché particolarmente tenere da quelle più grandi che venivano lessate, e pulire i funghi. Poi l'impiego di tutto ciò in cucina: minestre, zuppe, risotti, frittate e tante altre ricette che non sono solo un documento vivo delle tradizioni italiane ma un ricordo indelebile per chi, come me, le ha vissute e ne sente ancora i profumi nella memoria.
La ricetta che ho pensato vuole essere la materializzazione di tutti questi ricordi in un piatto. Dalle mie parti i loertis (luppolo), una volta cotti, venivano utilizzati per preparare frittate o risotti. Quando, di ritorno dalle nostre escursioni, io e mia nonna varcavamo il cortile di casa venivamo accolti dallo starnazzare di oche ed anatre e da altri animali da cortile. Erano proprio questi il piatto principale, soprattutto di domenica, a cui le erbe facevano da contorno.
Se ci pensiamo bene, l'allevamento degli animali da cortile unito alla raccolta di ciò che il territorio poteva offrire, erano i due elementi chiave per la sopravvivenza delle aree rurali.
Ho quindi ideato un piatto in cui la tradizione sia la protagonista indiscussa, quasi a voler distillare tutti i ricordi, intrisi di profumi ed emozioni, in una proposta gastronomica. Nello specifico, l'unione tra i due elementi del mondo rurale sopra citati si concretizza nel ragout di oca abbinato al risotto.



RISOTTO CON CIME DI LUPPOLO E RAGOUT D'OCA.

ingredienti: (dosi per 4 persone)

per il risotto

15g olio di oliva
240g riso vialone nano
100g vino bianco
1000g brodo
50g parmigiano reggiano
50g burro

per il luppolo

300g luppolo (le cime)
30g cipolle
15g olio di oliva
sale e pepe q.b.

per il ragout

150g d'oca disossata
200g burro
50g scalogno
20g vino rosso
200g fondo bruno

Procedimento

In una casseruola rosolare la carne d'oca ragliata a cubetti piccoli con il burro. Quando sarà ben colorata scolare la carne per eliminare tutto il grasso, rimettere la carne nella casseruola e sfumare con vino rosso in modo che i fondi di cottura presenti si sciolgano e vadano a insaporire ulteriormente la carne, fare ridurre e aggiungere il fondo bruno precedentemente preparato con le ossa dell'oca disossata ( per prepararlo seguite le ricetta del sugo di quaglia presente in questo mio post http://alberodellagastronomia.blogspot.it/2014/03/a-pranzo-con-babette.html ) e lasciare cuocere per circa 50 minuti a fuoco molto dolce.
In un tegame a parte rosolare la cipolla precedentemente tritata con l'olio, unire le cime di luppolo pulite e tagliate molto finemente, rosolare per qualche istante e bagnare con poco brodo; aggiustare di sapore con sale e pepe e cuocere per una decina di minuti (facendo evaporare bene il liquido!).
Fare un risotto alla parmigiana classico avendo cura, sette minuti prima della fine della cottura, di aggiungere il luppolo precedentemente cotto. Mantecar bene il risotto in modo che risulti cremoso. Servire come mostrato in foto.

NOTA: se preferite un ragout dal sapore meno intenso potete aggiungere alla carne di  oca della carne di pollo di fattoria allevato a terra, come ho fatto io.

 
 


Commenti

  1. Un risotto molto chic, complimenti :)
    Buon fine settimana

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    1. Grazie mille Daniela! Molto gentile. Buon fine settimana anche a te!

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  2. Complimenti vivissimi... Vorrei gustarlo davvero!!! :-)

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