I legumi nell'arte: storia, significati e curiosità.


Il consumo di legumi è consolidato nel corso della storia in culture differenti. Alcuni mesi fa infatti, alla mia visita presso il rinnovato Museo Egizio di Torino, ho potuto constatare attraverso un'apposita sezione destinata all'alimentazione egiziana, che erano presenti anche nella dieta di questa cultura. Ceci, lenticchie e piselli erano comuni, a differenza dei fagioli, considerati un cibo per poveri, convinzione confermata anche da Plinio e Columella.


(Vincenzo Campi, Mangiatori di fagioli, XVI secolo,
Collezione Privata)



Il legame tra cibi e società è presente nel corso della storia anche per molti altri alimenti, come del resto ho avuto modo di analizzare in numerosi articoli. I legumi erano molto consumati anche da Greci e Romani che li importavano da molte località, tra cui l'Egitto.
Durante il Medioevo (ma del resto anche nei periodi successivi) gli aspetti sociali legati a questa categoria alimentare si fecero molto più marcati. Essi divennero infatti uno dei maggiori cibi con cui venivano identificati i poveri o comunque i ceti bassi, come del resto è ben visibile dall'opera di Vincenzo Campi proposta qua sopra.
Nel Cinquecento le scoperte geografiche permisero all'Europa di scoprire varietà di legumi nuove e insolite, rinnovando e incentivando l'interesse per questi prodotti.
La loro rivalutazione fu totale grazie alla Rivoluzione francese che, sovvertendo gli schemi e i simboli allora esistenti e connessi all'aristocrazia, modificò anche l'ordine alimentare associato alla divisione tra ceti. Molti cibi infatti che appartenevano ai poveri vennero considerevolmente rivalutati e posti al centro del nuovo sistema che si andava a delineare.
I legumi dal punto di vista mistico rappresentano la continenza e la mortificazione del corpo.
Ai piselli, per esempio, Picinelli (agostiniano e studioso) conferì il simbolo della fragilità delle cose umane, sia per la loro dimensione che per quella delle loro radici.


(Georges de La Tour, Coppia di contadini che mangiano,
1620 circa, Berlino, Gemaldegalerie)



(Hendrick Terbruggen, Esaù vende la primogenitura per un piatto
di lenticchie, 1626, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)



Nell'arte come ho già accennato ma come si vede ancor meglio nelle due ultime opere proposte, essi assumono differenti significati, non solo di matrice religiosa, ma anche sociale.
Nella prima opera le protagoniste sono le lenticchie, esse furono per secoli uno degli alimenti più rappresentativi dei contadini e, al tempo stesso, simbolo di continenza e mortificazione del corpo. Le ciotole di terracotta inoltre sottolineano il tono popolare della scena rappresentata e, al tempo stesso, la frugalità del pasto (che tra l'altro è consumato in piedi).
Diversi sono i significati della seconda opera che ho voluto proporre. Lo stesso legume riveste un ruolo (anche simbolico) completamente differente; è innanzitutto il pegno per lo scambio. Gli altri elementi presenti nel quadro accentuano il simbolismo generale: la candela attraverso la propria luce illumina il tutto e conferisce al tempo stesso sacralità alla scena, inoltre evidenzia l'interesse da parte dei pittori di matrice nordica per gli effetti provocati dall'illuminazione artificiale. Infine le olive che la signora anziana porge a Giacobbe affermano il favore di Dio nei confronti del nuovo primogenito.
Simboli, significati e scene che mostrano la presenza variegata di questi prodotti della terra non solo nell'alimentazione ma anche nell'arte, e quindi nella cultura, italiana e straniera.

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